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Conclusi i lavori della Conferenza Europea sul clima a Trieste

today16 Settembre 2016

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Venerdì 16 settembre si sono conclusi a Triste i lavori della undicesima Conferenza Europea di Climatologia Applicata organizzata in seno al sedicesimo Convegno annuale della Società Meteorologica Europea (EMS – European Meteorological Society).
L’imponente mole di sessioni scientifiche multidisciplinari, legate dal filo conduttore del cambiamento climatico globale, ha riservato molto spazio nella giornata finale al monitoraggio dei cambiamenti climatici, alla valutazione delle tendenze climatiche per il futuro più o meno prossimo, ai fenomeni e alle situazioni climatiche estreme. Dagli anni novanta si assiste ad una accelerazione quasi costante del riscaldamento atmosferico terrestre su scala globale, una “febbre” che negli ultimi anni è ancora più evidente e rapida tanto che i record di temperatura media annuale si susseguono ad un ritmo impensabile fino a trent’anni fa. Più elevate temperature significa più energia in gioco, modifiche della circolazione atmosferica generale, incremento della possibilità che si manifestino fenomeni locali molto violenti, spesso di forte impatto per la società umana.
Cosa ci insegna la storia del clima terrestre che ormai gli studiosi sono riusciti ad indagare fino a tracciare graficamente il respiro di un pianeta che oscilla tra periodi glaciali ed interglaciali? I ghiacci antartici, archivio storico naturale preziosissimo sondati tramite i carotaggi effettuati dal progetto internazionale Epica ci dicono che non sono mai state superate concentrazioni di Anidride Carbonica di 280 parti per milione nell’ultimo milione di anni. Oggi il monitoraggio ci dice che abbiamo superato le 400 parti per milione. Questo non può che essere dovuto all’azione scriteriata dell’Uomo che ha letteralmente bruciato enormi giacimenti di combustibile fossile, accumulati dal pianeta in decine e centinaia di milioni di anni, in pochi decenni.
Proprio di quest’ultimo aspetto si è occupato il simposio di chiusura di questo importantissimo evento scientifico internazionale che forse avrebbe meritato le luci della ribalta anche nelle cronache vista la delicatezza dei temi dibattuti. Come base di discussione si è partiti dall’accordo sul clima di Parigi (COP 21), adottato nel dicembre 2015, ratificato da poco anche da USA e Cina. Il COP 21 rappresenta il primo passo condiviso da tanti stati ed è legalmente vincolate. L’accordo stabilisce un piano d’azione per mantenere l’aumento della temperatura globale possibilmente al di sotto dei 2 gradi e di considerare addirittura una ulteriore limitazione dell’aumento termico a soli 1,5 gradi. Ricordiamoci che quando si parla di incrementi di 1 o 2 gradi ci si riferisce ai livelli preindustriali!
L’accordo mira a ridurre sostanzialmente le emissioni di gas serra a livello globale e ad accelerare e intensificare le azioni e gli investimenti economici necessari che permettano alla società umana di sostenere un regime energeticamente più sostenibile con lo sviluppo di tecnologie a basse emissioni. L’accordo mira anche a rafforzare la capacità dei paesi di adattarsi agli impatti dei cambiamenti climatici.
Nel coso del simposio illustri scienziati e altri esperti hanno potuto confrontarsi su come i ricercatori, gli istituti meteorologici e le organizzazioni correlate possono contribuire a questa futura auspicabile società a basse emissioni e sviluppare azioni di adattamento agli impatti inevitabili dei cambiamenti climatici.
Chiusi i battenti della splendida sede in cui si sono svolti i lavori, la Stazione Marittima di Trieste, l’appuntamento con il prossimo convegno della Società Meteorologica Europea è il fissato per 4 settembre 2017, questa volta a Dublino in Irlanda.

In questa intervista con Marco Virgilio, Vice Presidente dell’Unione Metereologica del Friuli Venezia Giulia, il bilancio della conferenza annuale.

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Scritto da: Barbara

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L’imponente mole di sessioni scientifiche multidisciplinari, legate dal filo conduttore del cambiamento climatico globale, ha riservato molto spazio nella giornata finale al monitoraggio dei cambiamenti climatici, alla valutazione delle tendenze climatiche per il futuro più o meno prossimo, ai fenomeni e alle situazioni climatiche estreme. Dagli anni novanta si assiste ad una accelerazione quasi costante del riscaldamento atmosferico terrestre su scala globale, una “febbre” che negli ultimi anni è ancora più evidente e rapida tanto che i record di temperatura media annuale si susseguono ad un ritmo impensabile fino a trent’anni fa. Più elevate temperature significa più energia in gioco, modifiche della circolazione atmosferica generale, incremento della possibilità che si manifestino fenomeni locali molto violenti, spesso di forte impatto per la società umana.
Cosa ci insegna la storia del clima terrestre che ormai gli studiosi sono riusciti ad indagare fino a tracciare graficamente il respiro di un pianeta che oscilla tra periodi glaciali ed interglaciali? I ghiacci antartici, archivio storico naturale preziosissimo sondati tramite i carotaggi effettuati dal progetto internazionale Epica ci dicono che non sono mai state superate concentrazioni di Anidride Carbonica di 280 parti per milione nell’ultimo milione di anni. Oggi il monitoraggio ci dice che abbiamo superato le 400 parti per milione. Questo non può che essere dovuto all’azione scriteriata dell’Uomo che ha letteralmente bruciato enormi giacimenti di combustibile fossile, accumulati dal pianeta in decine e centinaia di milioni di anni, in pochi decenni.
Proprio di quest’ultimo aspetto si è occupato il simposio di chiusura di questo importantissimo evento scientifico internazionale che forse avrebbe meritato le luci della ribalta anche nelle cronache vista la delicatezza dei temi dibattuti. Come base di discussione si è partiti dall’accordo sul clima di Parigi (COP 21), adottato nel dicembre 2015, ratificato da poco anche da USA e Cina. Il COP 21 rappresenta il primo passo condiviso da tanti stati ed è legalmente vincolate. L’accordo stabilisce un piano d’azione per mantenere l’aumento della temperatura globale possibilmente al di sotto dei 2 gradi e di considerare addirittura una ulteriore limitazione dell’aumento termico a soli 1,5 gradi. Ricordiamoci che quando si parla di incrementi di 1 o 2 gradi ci si riferisce ai livelli preindustriali!
L’accordo mira a ridurre sostanzialmente le emissioni di gas serra a livello globale e ad accelerare e intensificare le azioni e gli investimenti economici necessari che permettano alla società umana di sostenere un regime energeticamente più sostenibile con lo sviluppo di tecnologie a basse emissioni. L’accordo mira anche a rafforzare la capacità dei paesi di adattarsi agli impatti dei cambiamenti climatici.
Nel coso del simposio illustri scienziati e altri esperti hanno potuto confrontarsi su come i ricercatori, gli istituti meteorologici e le organizzazioni correlate possono contribuire a questa futura auspicabile società a basse emissioni e sviluppare azioni di adattamento agli impatti inevitabili dei cambiamenti climatici.
Chiusi i battenti della splendida sede in cui si sono svolti i lavori, la Stazione Marittima di Trieste, l’appuntamento con il prossimo convegno della Società Meteorologica Europea è il fissato per 4 settembre 2017, questa volta a Dublino in Irlanda.

In questa intervista con Marco Virgilio, Vice Presidente dell’Unione Metereologica del Friuli Venezia Giulia, il bilancio della conferenza annuale.

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L’imponente mole di sessioni scientifiche multidisciplinari, legate dal filo conduttore del cambiamento climatico globale, ha riservato molto spazio nella giornata finale al monitoraggio dei cambiamenti climatici, alla valutazione delle tendenze climatiche per il futuro più o meno prossimo, ai fenomeni e alle situazioni climatiche estreme. Dagli anni novanta si assiste ad una accelerazione quasi costante del riscaldamento atmosferico terrestre su scala globale, una “febbre” che negli ultimi anni è ancora più evidente e rapida tanto che i record di temperatura media annuale si susseguono ad un ritmo impensabile fino a trent’anni fa. Più elevate temperature significa più energia in gioco, modifiche della circolazione atmosferica generale, incremento della possibilità che si manifestino fenomeni locali molto violenti, spesso di forte impatto per la società umana.
Cosa ci insegna la storia del clima terrestre che ormai gli studiosi sono riusciti ad indagare fino a tracciare graficamente il respiro di un pianeta che oscilla tra periodi glaciali ed interglaciali? I ghiacci antartici, archivio storico naturale preziosissimo sondati tramite i carotaggi effettuati dal progetto internazionale Epica ci dicono che non sono mai state superate concentrazioni di Anidride Carbonica di 280 parti per milione nell’ultimo milione di anni. Oggi il monitoraggio ci dice che abbiamo superato le 400 parti per milione. Questo non può che essere dovuto all’azione scriteriata dell’Uomo che ha letteralmente bruciato enormi giacimenti di combustibile fossile, accumulati dal pianeta in decine e centinaia di milioni di anni, in pochi decenni.
Proprio di quest’ultimo aspetto si è occupato il simposio di chiusura di questo importantissimo evento scientifico internazionale che forse avrebbe meritato le luci della ribalta anche nelle cronache vista la delicatezza dei temi dibattuti. Come base di discussione si è partiti dall’accordo sul clima di Parigi (COP 21), adottato nel dicembre 2015, ratificato da poco anche da USA e Cina. Il COP 21 rappresenta il primo passo condiviso da tanti stati ed è legalmente vincolate. L’accordo stabilisce un piano d’azione per mantenere l’aumento della temperatura globale possibilmente al di sotto dei 2 gradi e di considerare addirittura una ulteriore limitazione dell’aumento termico a soli 1,5 gradi. Ricordiamoci che quando si parla di incrementi di 1 o 2 gradi ci si riferisce ai livelli preindustriali!
L’accordo mira a ridurre sostanzialmente le emissioni di gas serra a livello globale e ad accelerare e intensificare le azioni e gli investimenti economici necessari che permettano alla società umana di sostenere un regime energeticamente più sostenibile con lo sviluppo di tecnologie a basse emissioni. L’accordo mira anche a rafforzare la capacità dei paesi di adattarsi agli impatti dei cambiamenti climatici.
Nel coso del simposio illustri scienziati e altri esperti hanno potuto confrontarsi su come i ricercatori, gli istituti meteorologici e le organizzazioni correlate possono contribuire a questa futura auspicabile società a basse emissioni e sviluppare azioni di adattamento agli impatti inevitabili dei cambiamenti climatici.
Chiusi i battenti della splendida sede in cui si sono svolti i lavori, la Stazione Marittima di Trieste, l’appuntamento con il prossimo convegno della Società Meteorologica Europea è il fissato per 4 settembre 2017, questa volta a Dublino in Irlanda.

In questa intervista con Marco Virgilio, Vice Presidente dell’Unione Metereologica del Friuli Venezia Giulia, il bilancio della conferenza annuale.

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