Il favoloso mondo di Botero illumina “l’Elisir d’amore” di Donizetti. Il melodramma giocoso, in scena sino al 23 marzo al Teatro Verdi di Trieste, conquista pubblico e critica con questo bell’allestimento della Nausica Opera International di Parma. Indubbiamente il guizzo creativo del regista venezuelano Victor Garcia Sierra, che cala la briosa storia d’amore tra Nemorino e Adina nell’arte di Botero, arricchisce di vitalità il capolavoro musicale italiano, scritto nel 1932 in appena due settimane dal compositore bergamasco assieme a Felice Romani che ne curó il libretto. E cosi Garcia Sierra sostituisce il microcosmo di un piccolo villaggio agricolo italiano con quello del circo, ispirandosi a una nota serie del pittore columbiano contemporaneo. Il difficile gioco di rimandi tra arti, pittorica e circense – che in Italia ha sempre un sapore di felliniana memoria- con l’idilliaca atmosfera in cui ci cala Donietti, riesce perfettamente restituendo un mondo pieno di vita e di caratteri e non solo di forma e colore ( caratteri distintivi del Boterismo).
Ma il rimando ad un preciso contesto pittorico non è l’unico punto di forza di questo allestimento che porta a Trieste in scena un cast di talento. A partire dalla Adina di Claudia Pavone, perfetta vocalmente, riesce anche nell’interpretazione di una fittaiuola capricciosa e adorabile. A fianco a lei un Francesco Castoro in gran forma tratteggia tutto il sentimentalismo di un Nemorino innamorato (e peccato che i bis non vadano piu di moda) impreziosita dall’ interpretazione della bella romanza “ Una furtiva lacrima”. Anche Bruno De Simone regala a Trieste un Dottor Dulcamara di gran qualitá, lui che è sapiente interprete del belcanto nei prestigiosi teatri di tutto il mondo. Decisamente in linea le voci brillanti e potenti del coreano Leon Kim, ben calato nei panni macchiettistici del vanaglorioso Belcore, a cui ha aggiunto una dizione pressoché perfetta, e la nipponica Rinako Hara, che proprio a Trieste debuttó in Italia nel 2017. Di piglio anche la conduzione del maestro Simon Krecic, direttore stabile della RTV Slovenija Symphony Orchestra, e già apprezzato in numerose occasioni a Trieste.
Grande prova, poi, del Coro, ben diretto dal Maestro Francesca Tosi. Sotto l’abile regia, fervida nei cenni e rimandi tanto da cesellare ogni singolo personaggio, ogni singolo cantante diventa protagonista di una narrazione che segue e commenta l’epressione musicale. Infine semplice ed efficace l’ambientazione e le scenografie, firmate dallo stesso Sierra, che inventa un tendone rotante, quasi sempre fulcro scenico attorno al quale vive il microcosmo donizettiano fatto di ambivalenze, doppiezze e contrasti sapientemente dosati in musica. Ed è proprio sull’armonizzare la sua complessità che si è concentrato l’intenzionalita registica di Sierra, il suo fil rouge, per evocare un mondo dove tutto si puo legare con una certa coerenza, per restituire a noi un mondo eterno e fiabesco, magicamente illuminato dalle belle luci di Stefano Gorreri, ligh designer di grande esperienza, ma soprattuto di grande armonia.
Si replica a Trieste sino al 23 marzo.