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Raffinata nella sua apparente semplicità. la “Lucia di Lammermoor” di Gaetano Donizetti, in scena al Teatro Verdi di Trieste, regala emozioni e mette in luce tutta la bellezza di un’opera che rappresenta un caposaldo nella storia del melodramma. La sua musica esprime, prepotentemente, il talento del compositore bergamasco, il suo libretto la genialità del librettista napoletano Salvatore Cammarano che mise in versi un best seller dell’epoca, l’omonimo romanzo di Walter Scott. Una partitura molto amata dal maestro Fabrizio Maria Carminati, chiamato a dirigerla a Trieste, che parla di amore e odio, rabbia e rancore. Da acclamato esperto donizettiano Carminati ha contribuito al successo di questa edizione. Cosi come strappa numerosi consensi anche l’ottimo cast in scena, tra cui primeggia Piero Pretti, tenore lirico italiano, uno dei piu bravi in circolazione. Intenso e vocalmente potente tratteggia un Edgardo a tutto tondo. A fianco a lui un’incantevole Aleksandra Kubas-Kruk perfetta per la parte di una Lucia ostinatamente sognante fino alla pazzia. E poi il baritono Devid Cecconi (Enrico) dalla voce imperiosa, il tenore salentino Giuseppe Tommaso (Arturo) e il basso Carlo Malinverno (Raimondo).
Una compagnia brava, bella e giovane, che assieme al coro, preparatissimo dal maestro Francesca Tosi e in gran forma, è messa in risalto dall’abile regia di Giulio Ciabatti, con le scene di Pier Paolo Bisleri. Il regista, che affronta quest’opera per la terza volta – dopo la produzione del 1999, portata anche in tournée in Giappone, e quella del 2011, ripresa in questa stagione – arriva ad affinare uno spazio drammaticamente vuoto, appena accennato nei suoi riferimenti spaziali (una porta, un quadro) che esalta una magnifico pavimento roccioso e impervio, luogo rischioso su cui camminare. Esattamente come lo è percorrere una strada di un amore, pericolosamente contrastato, che porterà alla morte dei suoi giovani protagonisti.
Si replica sino al 31 marzo
Scritto da: Monica Ferri
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