Otto sedie, otto storie, simbolo di un esodo dimenticato, quello istriano, e non solo quello. Cala il sipario a Trieste, su Magazzino 18, un inno alla pietas umana che ha richiamato concordi gli spettatori, pronti ad affollare, per la terza stagione consecutiva, il teatro Rossetti. Un fenomeno catartico collettivo, che narra di sopprusi ” a destra e a manca”, potremmo definirlo cosi “Magazzino 18”, lo spettacolo di e con Simone Cristicchi prodotto dal teatro Rossetti di Trieste con la superba regia di Antonio Calenda, che ha chiuso i battenti domenica 8 novembre. Quanto è successo a Trieste – dove in tre stagioni consecutive lo spettacolo ha superato i 17.000 biglietti venduti, collocandosi al terzo posto, dopo il gigante “Cats” e il trascinante “Mamma mia”, tra gli spettacoli piú visti nella storia degli ultimi anni del Rossetti, ha dell’incredibile. Formula azzeccata, quanto innovativa, quella del musical civile che diverte e commuove insieme, alternando toni drammatici e ironici. Insomma lo spettacolo ha chiuso allo Stabile Triestino facendo registrare ancora un incredibile successo. Lo dimostrano non solo i numeri ma anche l’affetto riservato dal pubblico a Simone Cristichi, cantautore romano, poeta d’animo sensibile quanto coraggioso nello sfidare l’ipocrisia di ogni ideologia, in ciò aiutato in questo spettacolo anche dall’incontro con il giornalista Jan Bernas.
Un felice connubio che ha portato lo spettacolo nei teatri di tutta Italia, non senza qualche contestazione, segno che le ferite della storia e i danni della guerra, faticano a rimarginarsi. A Trieste Cristicchi è tornato sul palco artista ancor più maturo, più sicuro nella voce che si caratterizza per una particolare coloritura emotiva – e piú recitativo nelle parti musicali. Cresciuta anche l’interpetazione nel personaggio, quel Duilio Persichetti, funzionario romano, simbolo di un “italietta” qualunquista, alle prese con lo Spirito delle Masserizie, dimenticate, che abita il Magazzino 18 del Porto Vecchio di Trieste. Quasi a rendersi conto del valore e dell’importanza dell’incarico assegnato, Persichetti è cambiato. Trapela con più indignazione, la consapevolezza di non essere “solo” un semplice inventarista, Ma colui che scuote la polvere, dopo più di 60 annni, da sotto il tappeto della memoria.
Lo spettacolo dunque nel tempo si è arricchito di qualche sfumatura nuova e di nuove battute (qualche accenno ai profughi e agli orrori del presente in nome e per conto di un’Ideologia), sempre più voce ritrovata di una vergogna collettiva, di un’epopea dimenticata e di una necessaria riappacificazione. Ed è questa dimensione epica che fa di Magazzino 18 una commiserazione del dolore universale e di Cristicchi espressione contemporanea dell’antica antica arte dei Cantastorie.
A sostenere la sensibilità di un artista in controtendenza, qual è quella di Cristicchi, va ricordato anche il contributo musicale di Valter Sivilotti – autore degli arrangiamenti e di alcune parti musicali – direttore della FVG Mitteleuropa Orchestra e del Coro del Laboratorio StarTSLab.
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