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A quattro anni di distanza torna al Teatro Verdi di Trieste un affascinante allestimento del “Nabucco” di Giuseppe Verdi. È firmato da Andrea Cigni per il Teatro Ponchielli di Cremona, in coproduzione con il Teatro Grande di Brescia e il Fraschini di Pavia. Nabucco è sicuramente un’opera simbolo per la storia politica e culturale del nostro paese e la sollecitazione viene colta dalla regia del 2014 di Cigni (al debutto al Verdi nella ripresa di Danilo Rubeca) e trasformata in cifra stilistica per raccontare il dramma dei popoli e il senso di intima nostalgia che questa storia tramanda nei secoli. Assieme allo scenografo Emanuele Sinisi, Cigni definisce spazi fortemente geometrici, delimitati da muri e possenti torri appena accennate, su cui si stagliano le luci, fortemente espressive e facilmenti mutevoli, ideate da Fiammetta Baldiserri, ligh designer (che ha alle spalle collaborazioni con Zeffirelli e Albertazzi) capace di rendere protagoniste persino le ombre e di dar loro una presenza scenica alla stregua di corpi in carne e ossa. Ne risulta una regia di pregio ed eleganza formale, sobria ed essenziale, incentrata nell’enfatizzare la solennità della partitura musicale piú che l’irruenza e l’ardore dei personaggi o la vivacità espressiva dell’opera giovanile del compositore di Busseto.
Una scelta stilistica che, nel complesso, gioca sulla pulizia e sulla rarefazione degli elementi scenici e che tocca il suo apice nel quadro del “Va’ pensiero,” immaginata come intima e pura espressione lirica di un popolo che lentamente procede nell’oscurità alla luce di fiammelle tremolanti. E già perché in questa rarefazione degli elementi emergono la dolorosa umanita assediata, ancora oggi, da rivalità e tradimenti in nome degli idoli che poi finiscono in frantumi. Ne viene fuori un allestimento, dunque, fortemente iconico, impreziosito dai bei costumi, disegnati da Simona Morresi assistita da Veronica Pattuelli.
Sul podio il direttore americano Cristopher Franklin che offre una conduzione altrettanto misurata ed equilibrata della partitura musicale, agile e dinamica e priva di forzature.
Ottima la prova del Coro del Teatro – diretto dal Maestro Francesca Tosi – chiamato a imterpretare una delle piú suggestive pagine verdiane e, tra gli interpreti, spiccano le prove di Giovanni Meoni, nei panni di un Nabucco, re babilonese, che dà il meglio di sè nei momenti piú intimisti dell’opera, e la mezzasoprano Aya Wakizono impegnata nel ruolo di Fenena la figlia di Nabucco. Per loro alla prima gli applausi piú convincenti. Partita sottotono Amarilli Nizza, impegnata nel ruolo di Abbigaille, l’altra figlia di Nabucco, recupera vigore in corso dello spettacolo. Bene, poi, Nicola Ulivieri (il sacerdote degli Ebrei, Zaccaria), Riccardo Rados (Ismaele, nipote del re di Israele), Andrea Schifaudo (Abdallo), Rinako Hara (Anna) e Francesco Musinu in quello del Gran Sacerdote di Belo.
Ne risulta uno spettacolo di grande eleganza e, pur nella monumentalità dei pochi elementi, semplice e di effetto.
Si replica al Teatro Verdi sino al 26 gennaio.
Scritto da: Monica Ferri
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