Trieste ritrova la sua operetta. La piccola lirica Ritorna al Teatro Verdi e chiude la stagione con le note evergreen del Die Fledermaus, Il Pipistrello, di Johan Strauss jr. che con i suoi valzer, le polke e le csárdás conquistò il titolo del re dell’operetta . E lo fa nel modo migliore. A partire daIla conduzione del maestro Gianuigi Gelmetti, direttore onorario del Teatro, che esalta la bellezza della partitura musicale di Strauss, portando l’orchestra ad alti livelli, e incassa gli applausi più calorosi. E lo si intuisce fin dalle prime note della celebre overture, uno dei capolavori di Strauss. Bella prova delle due compagnie di canto impegnate nella partitura in lingua originale, con intarsi di italiano, francese e, ovviamente, quale tributo alla città, dialetto triestino. Il principale ruolo maschile, il possidente Gabriel von Eisenstein, è interpretato dal tenore tedesco Christoph Strehl. Si alterna al suo fianco, nel ruolo di Rosalinde, il soprano Mihaela Marcu – che ritorna a Trieste, dopo il successo personale come Norina nel Don Pasquale di un anno fa – e Ana Petricevic. Nel ruolo di Adele si avvicendano nelle repliche Lina Johnson e Katharina Melnikova, mentre in quello di Ida, Simonetta Cavalli e Silvia Verzier; sul fronte maschile completano il cast Merto Sungu nella parte di Alfred, Zoltan Nagy in quella del dottor Falke, Horst Lamnek come Frank mentre nelle vesti maschili del Principe Orlofsky il contralto slovacco Daniela Ba?asová.In un cast internazionale non mancano però i triestini, Fulvio Falzarano, nei panni frizzanti di Frosch, e Andrea Binetti, in quelli del dotto Blind. Ricco ed eleante, soprattutto nel primo atto, l’allestimento firmato da Daniel Benoin, che ritorna a Trieste dopo dieci anni dalla sua Boheme. Il regista francesce, che vanta una lunga esperienza alle spalle, colloca la storia in città ( ed ecco allora sullo sfondo piazza Unità con il suo “Palazzo Cheba” o lo stesso teatro Verdi quasi in un gioco di scatole cinesi), abbatte la quarta parete, rende dinamiche le coreografie e dona una eleganza leggera all’insieme, tipicamente da Belle Epoque, grazie anche alle scene di Jean-Pierre Laporte. Raffinati i costumi ideati da Nathalie Berard-Benoin. Ne viene fuori una messa in scena ricca, apprezzata ma anche appropriata a tirar fuori il lato più oscuro del capolavoro di Strauss, quella descrizione senza scrupoli di una società al suo declino, rivolta al solo piacere e all’ipocrisia, pronta a stordirsi alla vigilia del crollo della monarchia austro-ungarica, quando il vino, le donne, la musica e la goliardia divennero il migliore antidoto all’horror vacui e a un diffuso senso di decadenza.Si replica sino a sabato 18 giugno.
Commenti post (0)