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Una “Carmen” sensuale e appassionata è arrivata al Teatro Verdi di Trieste. Un felice debutto, ieri sera a Trieste, per Ketevan Kemoklidze nei panni della protagonista dell’omonimo capolavoro di Georges Bizet, una delle opere più rappresentate al mondo, titolo che mancava da Trieste dal 2013. La mezzosoprano georgiana, abituata ai principali teatri del mondo, ha davvero incarnato, e non solo interpretato magnificamente, una delle figure femminili più sensuali della lirica. Bella, giovane e brava ha offerto con generosità tutta la passionalità e lucida follia del suo personaggio, la vittima di uno dei più famosi femminicidi della lirica, una donna, ricordiamo, coraggiosa come la Butterfly, destinata al sacrificio, come Gilda nel Rigoletto, prepotentemente sfrontata nell’esprimere l’eterna forza primigenia del femminino.
Ma il talento della Kemoklidze è solo la punta dell’iceberg, si potrebbe dire di questo nuovo allestimento della Fondazione del Teatro Verdi, in coproduzione internazionale con la Kitakyushu City Opera. A ricrearne l’intensità drammatica, assieme alla Kemoklisze, il tenore uruguaiano Gaston Rivero, anche lui per la prima volta al Verdi, un Don José pieno e sfacettato. I due insieme funzionano, rendendo davvero visibile in questa produzione quell’attrazione fatale che Mérimée aveva pensato per i suoi personaggi trasfusa poi in musica da Georges Bizet su libretto scritto assieme a Henri Meilhace Ludovic Halévy.
Abilmente diretti da Carlo Antonio De Lucia tutto il cast visto in scena ha dato il meglio di sé: tra gli altri davvero brava Ruth Iniesta, che ha restituito a tutto tondo il personaggio di Micaela, e poi Rinako Hara, Frasquita, Federica Carnevale (Mercedes), Domenico Balzani, (Escamillo) per un allestimento che brulica di vita. Nella semplicità dell’ambientazione, in una Siviglia che potrebbe anche essere quella dei nostri giorni, con le architetture, fontane e azulejos, la Corrida e lo jambon (emblemi tipici della cultura spagnola), il regista italiano – ex tenore e ora anche produttore e direttore artistico del Teatro di Lecce, abituato a girar per il mondo – ha ricreato tutta la vitalità che ruota attorno ai protagonisti: soldati, zingari, banditi, sigaraie e picadores, ben caratterizzati con al centro lei, Carmen, viva, vitale, amata e odiata. E al di sotto di questo De Lucia è anche attento a quel filo invisibile che lega la storia alla nostra quotidianità, dove quasi ogni giorno muore una Carmen con la stessa brutalità del gesto e la stessa pochezza morale nell’esistere. Ben coglie, dunque quell’eternità, messa in musica da Bizet, quella sorta di lenta spirale della “banalità del male”, capace di sbucare sempre dal nulla, anche nel nostro tempo.
A dirigere e dosare tanta passionalità dal podio con maestria il direttore d’orchestra Oleg Caetani , una bacchetta illustre ed esperta per i maestri dell’Orchestra, che ha colto puntualmente tutta la forza espressiva e il melodismo sentimentale dello spartito musicale. Impegnati sul palco anche il Coro della Fondazione, diretti dal Maestro Francesca Tosi, e il Coro “I Piccoli Cantori della Città di Trieste” diretti dal Maestro Cristina Semeraro. Tre ore di grande spettacolo per un’opera sempre attuale nel raccontare una vicenda amara, inscritta tra emancipazione femminile e patologia dell’amore.
Si replica a Trieste sino al 29 giugno con doppia compagnia di canto.
Scritto da: Monica Ferri
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